“Sul retro della fotografia, in basso a sinistra, è scritto tutto ciò che non posso dimenticare di mia madre
uno spettacolo partecipativo sull’esodo dei rumeni dal 1989 ad oggi.
Subito dopo la rivoluzione del 1989, molti rumeni decisero di non aspettare per vedere cosa sarebbe successo al loro paese. Avevano bisogno di distanza. Così si sradicarono e si stabilirono in altri paesi che promettevano più delle assenze dell’ultimo decennio comunista: l’assenza di cibo, l’assenza di calore, l’assenza di libertà. Ora, 35 anni dopo, le condizioni di vita sono migliorate, ma l’assenza è quella dei corpi che non sono ancora tornati. Mandano soldi a casa, votano e ci chiamano, ma i loro corpi sono introvabili nella Romania contemporanea. Questo spettacolo è un’esperienza partecipativa che racconta la storia di questi corpi, delle loro ricerche, delle gioie, dei dolori e della loro assenza. È una storia che non può essere raccontata senza la presenza di questi corpi sul palco. Una storia di una parola impossibile da tradurre che i rumeni non possono dimenticare. Una storia su tutto ciò che non possiamo dimenticare.
Cofinanziato dall’Istituto Culturale Rumeno, tramite il Programma Cantemir – programma di finanziamento per progetti culturali destinati all’ambiente internazionale.